Si è concluso al tribunale di Cuneo il processo per truffa a carico di Vincenzo Parisi, 60enne del cuneese, accusato di aver sottratto la somma di 19.800 euro dal conto on line di un signore di Como. Il 28 aprile 2020 all’uomo era arrivata la notifica sul cellulare dell’avvenuto bonifico sul conto dell’imputato. Fortunatamente il conto del ricevente venne tempestivamente bloccato e la somma sottratta venne posta sotto sequestro. La vittima della truffa ha riferito in aula alla giudice che già da qualche giorno non riusciva ad accedere al proprio conto on line tramite l’applicazione sul cellulare; dalla banca gli era stato riferito di provare ad accedere tramite un altro motore di ricerca, che però implicò una nuova registrazione con l’utilizzo del proprio codice di conferma e password. Fu in questo modo che i suoi dati personali vennero letteralmente “pescati” nella rete Internet e utilizzati per accedere al suo conto e operare il trasferimento di denaro. In aula l’imputato ha provato a rigettare l’accusa sostenendo di essere stato a sua volta truffato da un uomo conosciuto in un bar a Torino, che in cambio di una prospettiva di lavoro, lo avrebbe indotto ad aprire un nuovo conto on line per farci transitare dei soldi. Scoperta la truffa e risaliti all’intestatario del conto, l’imputato restituì l’intera somma sottratta più un risarcimento per le spese legali sostenute dalla parte offesa. Questo gli valse la remissione di querela da parte della vittima della truffa, ma non la decadenza dell’imputazione, poiché il furto dell’identità digitale era aggravato dal fatto che la vittima era stata indotta a utilizzare le proprie credenziali in internet, consentendone così l’utilizzo fraudolento. Secondo l’accusa non era credibile il fatto che l’imputato si fosse fidato di uno sconosciuto incontrato casualmente in un bar a Torino, a tal punto da permettergli di usare il proprio cellulare per aprire un conto su cui accreditare delle somme di denaro. Per questo ne è stato chiesta la condanna a nove mesi di reclusione e 500 euro di multa. Per la difesa invece anche l’imputato, un uomo in condizioni di fragilità, era stato a sua volta vittima di una complessa truffa che per essere messa in atto aveva proprio bisogno di un prestanome in condizioni di bisogno, che accettasse di aprire un conto a nome di una terza persona. Per la difesa si trattava di un concorrente inconsapevole in questa operazione, una persona fragile e in stato di bisogno, senza precedenti specifici e meritevole dell’assoluzione. Di diverso avviso invece la giudice che ha accolto la richiesta della Procura condannando l’uomo a otto mesi e 400 euro di multa.