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Lunedì 14 ottobre 2024

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Botte in strada a Fossano, in tre sono a processo

L'episodio avvenne una sera di settembre 2021, con alcuni insulti legati all'appartenenza politica

Fossano

La Guida - Botte in strada a Fossano, in tre sono a processo

Qualche bicchiere di troppo, un’occhiata un po’ in cagnesco e l’insulto di essere ‘un fascista di m…’; sembra esserci tutto questo all’origine della rissa che ha portato a giudizio tre giovani fossanesi, S. B. contro i due amici D. C. e P. C. Fallito ogni tentativo di conciliazione fra i tre ragazzi protagonisti della vicenda accaduta una serata di settembre del 2021, è iniziato al tribunale di Cuneo il processo a loro carico. A raccontare per primo i fatti è stato S. B., il giovane che quella sera era uscito a cena con amici per una festa di compleanno: “Ero uscito dal locale a sgranchirmi le gambe, avevo bevuto, ero alterato ma non sbronzo marcio. Mentre camminavo ho visto i due ragazzi che conoscevo di vista, ci siamo guardati leggermente male, mi sono avvicinato e gli ho detto che mi sembravano fascistelli e P. C. mi ha dato un pugno. Sono caduto e mentre mi rialzavo per difendermi ho ricevuto altri pugni, mi sono accasciato a terra e loro due hanno continuato a picchiarmi. Quando ho aperto gli occhi ho visto D. C. che mi colpiva a calci sull’addome”. Stando al racconto del ragazzo gli altri due lo avrebbero ripetutamente colpito con una decina di pugni: “Sono rimasto a terra per qualche istante e poi sono tornato al locale dai miei amici che mi hanno portato all’ospedale”. Dal nosocomio il ragazzo uscì con una prognosi di frattura del setto nasale e una ventina di giorni di guarigione per le altre ferite riportate nella colluttazione. Diametralmente opposta la versione dei fatti offerta da uno degli altri due imputati ascoltato in udienza. D. C. ha riferito al giudice che quella sera dopo essere usciti da un locale insieme all’amico P. C. camminavano lungo via San Giovanni Bosco quando gli si avvicinò S. M.: “P. C. camminava avanti a me insieme a un’amica, io ero dietro e questo ragazzo si avvicinò dicendomi ‘tu sei quello della consulta comunale, sei un fascista di m…, ti mando all’ospedale’. Un’accusa che per la mia storia personale trovo insultante. Io trasecolavo, ho chiesto chi fosse ma lui prese il telefono e invitò qualcuno a raggiungerlo per ammazzarmi. P. C. era tornato indietro chiedendomi cosa accadeva e gli dissi di andarcene ma quello mi mise una mano addosso bloccandomi e continuava a dire che ci avrebbero ammazzati”. La scena sarebbe proseguita con S. B. che afferrava P. C. per la cravatta e per liberare l’amico D. C. avrebbe dato una spinta all’altro ragazzo. Di seguito la colluttazione, in cui D. C. sbattuto a terra cercava di difendersi dai colpi dell’aggressore che gli stava sopra: “Nella confusione mi sono rialzato, ho visto che stava per colpirmi di nuovo e gli ho dato un pugno. Poi siamo scappati perché temevamo arrivassero gli altri”. Sembrava tutto finito ma P. C. ricevette una telefonata da un ragazzo che li invitava a tornare indietro per appianare la discussione: “Pensavamo di chiamare i Carabinieri – ha proseguito D. C. – per avere dei testimoni e quando siamo arrivati sul posto e loro hanno iniziato a insultarci li abbiamo chiamati”. L’arrivo dei militari calmò un po’ gli animi, i ragazzi vennero identificati e andarono via. Poi seguirono le denunce reciproche e l’attuale processo che proseguirà a gennaio per sentire i molti testimoni chiamati dalle parti.

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