Parigi-Roma-Villafalletto-Parigi: un viaggio di andata e ritorno che ha per tema la perdita di una persona cara. Una morte improvvisa, inattesa strappa dalla vita di Chiara l’uomo con cui ha condiviso momenti di sincere e intensa felicità, seppur clandestina.
È un romanzo anomalo perché si priva di intreccio per concentrarsi tutto sull’animo di Chiara “sopravvissuta senza essere in vita”. Adesso, forse più ancora di prima, Olivier occupa i suoi pensieri. Il ripetersi di termini che rimandano al campo semantico del morire restituisce fin dalle prime pagine l’affannarsi di questi pensieri nella mente della protagonista.
Un termine quest’ultimo che quasi stona per Chiara, perché lei è immobile “sfasciata, maltrattata”, incapace di reagire. La si intuisce fragile nel rincorrersi dei pensieri che premono per uscire a prima vista disordinatamente, ma in realtà tutti con un solo punto di fuga.
Quasi si rifiuta di rielaborare questo lutto. Le sembra di allontanarsi da Olivier. E allora scrive perché chi resta diventa “fabbricante di storie”. Cerca di mettere ordine a Villafalletto a casa della madre, con le sorelle o con le amiche, ma le giornate sono disseminate di “trappole” che la riportano sempre al cuore del suo dolore.
Un romanzo intenso in cui Chiara si mette a nudo, cerca, talora disperatamente, una via per ritrovarsi. Non c’è il colpo di scena finale, la svolta che tutto sistema per una chiusura rassicurante. Troppo facile per una storia che scaturisce dal profondo di un animo ferito. Si intravedono però spiragli perché “i morti chiedono di essere aiutati ad accompagnarci”, perché Chiara comincerà a intuire che bisogna “lasciarsi istruire dalla morte per imparare a vivere”.
Le nostre perdute foreste
di Chiara Mezzalama
Editrice E/O
euro 16,5